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Tarpea o della Scienza


Il pubblico entra, da lontano sente riecheggiare: Unu dolor’e conca (x3).
(mentre dico mi avvicino alla mia postazione, poltrona)
M’hanno detto ma è questo l’amore, ma sì ma sì devi credermi vedi bene che è facile. Articola!
M’hanno detto ma è questa l’amicizia ma sì ma sì te l’assicuro che vai ancora cercando
M’hanno detto ecco fermati alza la testa e guarda questo splendore quest’ordine
M’hanno detto andiamo non sei mica una bestia pensa a queste cose e vedrai come tutto diventa chiaro, è semplice
M’hanno detto tutti quei feriti a morte con quanta scienza li curano
Io mi dico qualche volta Mo bisogna che tu riesca a soffrire meglio di così se vuoi che si stanchino di punirti un giorno
Mi dico qualche volta Mo bisogna che tu sia presente meglio di così se vuoi che ti lascino partire un giorno
Ma mi sento troppo stanco e troppo lontano per poter formare nuove abitudini
Bene e allora non finirà proprio mai non partirò proprio mai.
Poi un giorno all’improvviso ecco che finisce che cambia e io non capisco. ecco che muore e non capisco neanche questo io lo domando alle parole che restano: sonno risveglio sera mattina ma loro non sanno dirmi niente.
Apro la porta del capannone e me ne vado sono talmente curvo che vedo solo i miei piedi. Se apro gli occhi e fra le gambe un po’ di polvere nerastra mi dico che la terra si è spenta benché io non l’abbia mai vista accesa; viene benissimo. Quando cadrò piangerò di gioia.
(Ansima e grida ahi ahi ahi) è grave il parto sto cazz’e teatr’. (feto morto nasce dalla testa) Te piace o’ Presepe (per due) Chiagni Chiagni Te piace o Presepe. Mia compagan terrena, creatura fraterna, Ismene, sai forse tu quali mali non compia Zeus? quali di quanti vengono da Edipo su noi due rimaste vive e non altro che dolore delitto disprezzo infamia ho veduto fin qui tra i tuoi e i miei mali Te piace o Presepe (per tre) non bisogna ridere di queste cose Mo perchè fai sempre così Parla piano sì si è la cosa più comica che ci sia al mondo ci faceva ridere di cuore i primi tempi ma è sempre la stessa storia sì è come la barzelletta che ci raccontano troppe volte sì ancora una buona barzelletta ma non ci fa più ridere Te piace o presepe e chiagni te piace o presepe x2 Nella bara a volto nudo l’hanno distesa ninna oh sulla tomba suo caduto è assai pianto ninna oh Te piace o presepe x2 ecco del rosmarino è per memoria non ti scordare amore e le viole qui per i tuoi pensieri ecco il finocchio e le verbene ti vorrei dare e la ruta un poco anche per me possiamo chiamarla l’erba grazie della domenica ma la tua ruta devi portarla addosso in altro modo ecco una margherita e le violette ti vorrei dare ma appassirono tutte quando morì mio padre nel bel Robin c’è tutta la mia gioia e non ritornerà e non ritornerà.
Te piace o presepe chiagni figlio chiagni figlio chiagni ridi (x3) figlio amoroso giglio figlio che mai m’anvito figlio pate e marito figlio l’alma t’è scita figlio della smarrita, figlio della sparita, figlio bianco e vermiglio, figlio senza simiglio, figlio a chi m’appiglio, a chi? A chi?
Essere avresti dovuto essere contro il potere
Senza teatro solo spettacoli x3 solo spetta
Fior de’ limone
L’amore fa penà ma nun se more
D’amore se sta male ma nun se more
Vita, morte
 la vita nella morte;
morte, vita, la morte nella vita.
Noi col filo
col filo della vita
nostra sorte filammo a questa morte.
E più forte
È il sogno della vita –
Se la morte
A vivere ci aita

Ma la vita
La vita non è vita
Se la morte
La morte è nella vita

E la morte
Morte non è finita
Se più forte
Per lei vive la vita.

Ma se vita
Sarà la nostra morte
Nella vita
Viviam solo la morte

Morte, vita,
la morte nella vita;
vita, morte,
la vita nella morte.

Or poserai per sempre,
stanco mio cor. Perì l'inganno estremo,
Ch'eterno io mi credei. Perì. Ben sento,
in noi di cari inganni,
non che la speme, il desiderio è spento.
Posa per sempre. Assai
palpitasti. Non val cosa nessuna
i moti tuoi, né di sospiri è degna
la terra. Amaro e noia
la vita, altro mai nulla; e fango è il mondo.
T'acqueta omai. Dispera
l'ultima volta. Al gener nostro il fato
non donò che il morire. Omai disprezza
te, la natura, il brutto
poter che, ascoso, a comun danno impera,
E l'infinita vanità del tutto.


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